Addis Abeba 1974: ricordi di una combattente

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Maaza Mengiste, scrittrice Nata ad Addis Abeba, vive e lavora come docente di scrittura a New York. Con Il re ombra ha vinto il premio “The Bridge” per la narrativa 2019. Questo è un romanzo corale, si potrebbe definire epico, perché attraverso le vicende dei protagonisti narra la guerra coloniale dell’Italia per la conquista dell’Etiopia che si svolse tra il 1935 e il 1941.

La vicenda si apre ad Addis Abeba in un giorno del 1974 quando Hirut deve incontrare alla stazione della capitale etiope Ettore Navarro, fotografo, ebreo ed ex soldato dell’esercito di occupazione italiano. Hirut è stata invece una combattente della resistenza etiope contro l’esercito invasore di “Mussoloni” (il popolo etiope così chiamava Mussolini, prima per difficoltà a pronunciare o a ricordare il nome corretto poi per esprimere avversità e disprezzo). Ettore Navarro sperava ardentemente di ricevere da Hirut una cassetta contenente lettere e fotografie personali, ma conservava anche la vana speranza di ottenere una parola, un cenno di conforto, di perdono da colei che era stata prigioniera e oggetto della sua oscena attività di fotografo per conto del suo superiore Colonnello Carlo Fucelli, sadico e crudele. Nell’attesa dell’incontro, Hirut ha tutto il tempo di ripercorrere le vicende della sua esperienza bellica tra i monti e l’altopiano a nord della capitale vicino ai confini dell’Eritrea e il Sudan, zona in cui viveva con la sua umile famiglia e poi come serva- schiava del nobile e valoroso Kidane e di sua moglie Aster, leggendaria combattente della guerra contro l’occupazione italiana.

Oltre settanta nomi propri di persona si possono contare nel libro: donne, uomini, bambini, frati, militari, artisti, giornalisti, avventurieri, artigiani, italiani, etiopi, eritrei, somali, libici. Importante è la presenza dell’imperatore, il re dei re Hailé Selassié, protagonista di dieci momenti del romanzo che la scrittrice chiama Interludi. Una figura tanto distante da chi subisce e guida la guerra, ma tanto significativa per il popolo etiope. Dopo la sconfitta del suo esercito a Mai Ceu l’imperatore fugge in treno e si rifugia in Inghilterra, abbandonando il suo popolo allo smarrimento. Kidane e il suo esercito, per risollevare il morale popolare, ricorrono alla figura del re ombra che già faceva parte delle leggende tradizionali etiopi. Investono di autorità imperiale un musicista contadino il cui nome, Minin, significa nulla. Minin impara il portamento regale, cavalca un bianco cavallo e due donne, Aster e Hirut, costituiscono la sua scorta personale. Con questo trio alla guida, la resistenza si rafforza e arriva a vincere le potenti truppe del colonnello Carlo Fucelli.

Immagine tratta dalla copertina di Il re ombra

Le donne sono sicuramente le protagoniste positive del romanzo, lo scrittore mette in evidenza come elemento degno di attenzione la loro presenza determinante nei conflitti bellici, realtà sottaciuta dalla storia ufficiale. Hirut combatte due guerre, una contro gli italiani, una contro la società patriarcale, autoritaria e gerarchica che annichilisce la vita delle donne ma di cui gli uomini sono pure prigionieri. Forte della memoria, dell’esempio e delle parole dei suoi genitori, Hirut non si rassegna al ruolo di vittima e segue il suo sentimento di giustizia rafforzando le potenzialità di resistenza del corpo e dello spirito: lei ora è “Hirut, figlia di Fasil e Getey, temuta guardiano del re ombra e che non ha più alcun timore di ciò che gli uomini possono fare a donne come lei”. 

Alle donne che riescono sempre a sorprendere per il ruolo decisivo che assumono nella vicenda (la cuoca, Fifi, Aster) il libro dedica i canti del coro, tutti bellissimi e preziosi per la comprensione di ciò che accade. La società patriarcale è una prigione, la guerra è una prigione: Carlo Fucelli ha ricevuto il compito di costruirne una di mattoni che non ospiterà se non Aster e Hirut, catturate in battaglia. Si tratta di una prigione eretta sul bordo di un precipizio segnato da due rocce che con la loro posizione a v saranno la porta del “volo che i nemici catturati affronteranno invece della reclusione”. Idea esemplare del sadismo di Fucelli e che Ettore Navarro dovrà fotografare. Ettore dirà di sé “sono un archivista di oscenità, un collezionista di terrore, un testimone di tutto ciò che lacera la pelle… La mia frattura è stata una lenta, progressiva caduta verso il basso. Un inutile precipitare che è cominciato con queste parole: Scatta una foto”.

Avrà Hirut restituito a Ettore Navarro, suo ex aguzzino, la cassetta dei ricordi, unico legame con la famiglia ormai perduta, gli avrà lasciato anche un solo cenno di compassione? Hirut ha sempre provato ostilità e disprezzo per Ettore, ma ciò non le ha impedito di comprenderlo in un certo modo; le ricordava la Hirut di un tempo, ancora in balia degli eventi e sopraffatta dal dolore e dal marasma interiore. Troppo poco per perdonarlo? A differenza di Ettore, Hirut sapeva che “ciò che viene forgiato nella memoria si infila nelle ossa e nei muscoli. Ci resta per sempre e ci segue nella tomba”.

Un romanzo che non si smetterebbe mai di leggere e che quando arrivi all’ultima pagina non è finito. Forse perché la storia dei protagonisti non ci è estranea, anzi è anche la nostra storia, fastidiosa, dolorosa, ma che rimane ancora da affrontare.

Recensione a cura di Lauretta Bulgarelli

Maaza Mengiste, Il re ombra, Einaudi, 2021. Il libro è presente nella biblioteca della Scuola Frisoun dove è possibile consultarlo o prenderlo in prestito.

Touki Bouki

Articolo scelto dalla redazione.

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