Segni e sogni

19 Agosto 2022

Come si fa a fare un libro?

Ci sono tante risposte a questa domanda: qualcuno potrebbe dire battendo i tasti del computer, scrivendo sulla carta, certamente servendosi di una buona dose di idee originali e talento personale. Qualcuno dirà che solo gli scrittori scrivono libri. Dopo l’esperienza che abbiamo vissuto alla Scuola Frisoun lo scorso febbraio, potrei rispondere che per fare un libro potrebbero bastare anche solo pellicole trasparenti, acrilico nero, albi illustrati e l’ispirazione di un testo in versi.

Chiara Mammarella e Marco Carsetti si sono presentati come due amici di Roma che lavorano per Else Edizioni. Le loro pubblicazioni sono speciali: sono rare, piene di disegni fatti a mano, realizzate con la tecnica della serigrafia. Se devo essere sincera non ho ancora capito del tutto come funziona questa tecnica. Nonostante me l’abbiano spiegato diverse volte, per me rimane una magia: da un semplice bozzetto nero su una sottile gelatina di plastica trasparente si ottiene, alla fine del processo, la riproduzione in serie di quell’immagine, senza l’uso dell’informatica, mescolando insieme la riproducibilità della stampa e l’unicità dell’opera d’arte.

La tecnica serigrafica è affascinante e pedagogicamente molto fertile, ma devo dire che anche gli studenti e le studentesse della scuola hanno fatto la loro parte. Il sabato pomeriggio è stato il turno del gruppo degli adolescenti. Nei giorni precedenti, ognuno di loro aveva scelto la strofa di una canzone da cui si sentiva rappresentato, che sentiva particolarmente vicina. A partire da quella strofa doveva scegliere una tra le illustrazioni contenute nelle decine di libri che Chiara e Marco avevano portato con sé e riprodurla, modificandola a piacere, su una pellicola trasparente, tracciando linee e contorni con pennelli intinti nell’acrilico nero.

Occhi curiosi e mani scrupolose hanno riempito l’aula della nostra scuola, facendo uscire dal foglio dei prodotti di grande impatto. Fa parte della magia di questa tecnica che anche la persona meno creativa riesca a esprimersi in maniera originale, se lo desidera, dando corpo alla sua immagine in maniera libera, oppure rielaborando un’immagine di altri, sperimentando forme nuove senza l’imbarazzo della pagina bianca. È appassionante e al tempo stesso rilassante tracciare linee con piccoli pennelli e poi sottrarre il colore graffiando l’inchiostro appena asciugato con punteruoli e stuzzicadenti. Si ha come l’impressione di intagliare il legno.

Con gli adulti, il disegno di partenza era la propria foto-ritratto e il testo, una poesia composta sul calco di Possibilità di Wislawa Szymborska, tratta dalla raccolta Gente sul ponte del 1986. Dalla propria immagine, per quanto legata al modello fotografico, si sono generate rappresentazioni che pur partendo dai tratti somatici, sconfinavano nel carattere e nella personalità dell’autore: facce creative, introspettive, sentimentali, determinate, filosofiche e di mille altre sfumature di inchiostro.

Per studenti e maestri è stata un’attività non solo affascinante, ma anche molto utile. Da più punti di vista. Quello della lingua: nei lavori ottenuti non c’è solo la lingua che si parla – quell’italiano che abbiamo usato per tradurre le strofe delle canzoni o per scrivere le varie forme personalizzate del proprio ritratto poetico – ma anche il linguaggio grafico necessario a rappresentarsi e rappresentare per immagini, facendo venire a galla ciò che si vuole comunicare attraverso l’inchiostro o nell’accostamento di un’immagine a un testo.

Quello della manualità: un fattore che diamo molto per scontato, che a volte ci mette a disagio, ma che è fondamentale anche per imparare a scrivere in una lingua diversa dalla propria o banalmente per usare il computer. L’intelligenza delle mani, diceva Maria Montessori.

Infine quello della cooperazione: in più fasi del lavoro (rilegatura, scelta del titolo, disegno della copertina…) ci siamo aiutati a vicenda, anche banalmente per confrontare opzioni diverse, e questo, oltre a favorire la creazione di un bel clima, ha permesso scambi di idee, discorsi, osservazioni stimolanti; anche chi aveva livelli di lingua più bassi è riuscito a inserirsi bene e a emergere nel gruppo, senza isolarsi.

Mettere musica di sottofondo e condividere i propri gusti musicali è servito a esplorare gli stili di consumo musicale dei ragazzi. Soprattutto penso che abbia costituito un valore aggiunto poter conoscere e incontrare a scuola due nuovi maestri, con tutto il loro bagaglio di esperienza e il loro portato di diversità: qualsiasi scuola necessita di continui scambi, stimoli e osmosi con l’esterno. Non da ultimo ho trovato fondamentale cimentarmi in questa sfida insieme ai mei studenti, mettendomi nei loro panni, trovando le stesse difficoltà e sperimentando le stesse sorprese.

Il risultato dei due laboratori è stato la pubblicazione per ciascun gruppo di un piccolo libro, Sfacciati e Musical Infection. Se volete dare un’occhiata a quest’ultimo, da cui abbiamo preso alcune immagini per il terzo numero del nostro almanacco, cliccate qui sotto o scaricate il pdf.

Giorgia Ansaloni

Giorgia Ansaloni, di Nonantola, nata nel 1999, laureata in lettere classiche a Bologna. È iscritta alla magistrale in filologia classica, ma da molti anni ormai è anche maestra della Scuola Frisoun. Con un lungo percorso scout alle spalle, oltre a studiare manoscritti, le piace camminare in montagna, la compagnia, la musica e vedere posti nuovi.

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