In fuga da Nonantola

Prigioni a cielo aperto
20 Aprile 2022
"La piccola fuggitiva", di Franco Matticchio, Nuages 2009

Sono cresciuto a Nonantola, un paese di provincia, dove tutti conoscevano tutti, era impossibile fare qualcosa senza essere visti e la vita poteva essere complicata per chi come me non era una persona “standard”. A 15 anni i miei amici d’infanzia mi hanno allontanato dal gruppo perché mi trovavano diverso: non mi piaceva il calcio, avevo gusti musicali non comuni (le mie canzoni preferite erano quelle dell’Eurofestival, mentre quasi tutti preferivano i cantautori italiani), preferivo studiare invece che passare i pomeriggi in sala giochi, avevo praticato il pattinaggio e per loro era uno sport “da femmina”. Non mi sentivo a mio agio né nella compagnia della parrocchia né in quella del circolo di piazza Liberazione, che riuniva i simpatizzanti di sinistra. Se non eri standard o non rientravi in una di queste due “chiese”, in qualche modo eri fuori dalla società nonantolana. Mi erano rimasti i compagni di scuola, ma abitavano quasi tutti in provincia e ci potevamo frequentare solo qualche volta di domenica, perché di sera non c’erano le corriere, quindi non si poteva andare al cinema o a mangiare una pizza. A quei tempi, i genitori non accompagnavano i figli in macchina, non c’era Internet e il telefono era costoso. Così ho vissuto alcuni anni di solitudine, però avevo la compagnia di tanti amici di penna: era bello tornare da scuola e trovare lettere da tutto il mondo. Quando finalmente ho preso la patente, ho acquistato più libertà e ho potuto coltivare i miei interessi e nuove amicizie. Poi sono andato all’università e ho studiato lingue. Adesso lavoro come interprete.

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