Praticare l’obiettivo: questo slogan molto bello e ancora efficace non l’ha inventato il Sessantotto, come molti credono, ma il movimento cooperativo di fine Ottocento. Per le organizzazioni che aderivano al movimento praticare l’obiettivo significava tentare di realizzare subito, dal basso, con le proprie forze e in forma di mutuo aiuto, le rivendicazioni che venivano indirizzate anche allo Stato e alle sue istituzioni: l’assistenza di fronte ai rischi della disoccupazione, delle malattie, degli infortuni, della vecchiaia e della morte, la difesa dalla speculazione sui beni di consumo, la protezione dallo sfruttamento del lavoro. Casse di mutuo soccorso e cooperative sono nate così.
Ci sembra che sia per praticare l’obiettivo che David Yambio e Refugees in Lybia, l’associazione di cui è fondatore, stanno cercando di promuovere delle evacuazioni dai centri di detenzione per esuli e migranti in Libia e Tunisia: salvare qualche centinaio di detenuti bloccati lì in condizioni spietate e nel mentre fare pressione perchè l’Italia, l’Unione Europea e le loro società civili, con uno scatto morale e politico che ancora tarda ad arrivare, pongano fine alle condizioni irrazionali e disumane attraverso cui “esternalizzano” le proprie frontiere. Esternalizzazioni che consistono in sostanza nel pagare regimi corrotti e figure loschissime per trattenere, con tutti i mezzi immaginabili, esuli e migranti al di fuori dai confini europei, spegnendo il cervello e congelando il cuore di fronte alle forme abiette di sfruttamento dell’uomo sull’uomo (e dei poveri sui poveri) che queste politiche contribuiscono ad alimentare.
David Yambio e gli attivisti di Refugees in Lybia, che hanno subito sulla propria pelle la stessa violenza che cercano di far conoscere alle opinioni pubbliche europee, parleranno della necessità e dell’urgenza di queste evacuazioni con don Erio Castellucci, vescovo di Modena, lunedì 14 aprile, alle 20.45, nella palestra di pattinaggio di Nonantola (i dettagli nel volantino allegato).
Si tratta di qualcosa di simile ai “Corridoi umanitari” attraverso cui, a partire dal 2019, sono già arrivati a Nonantola due rifugiati eritrei e successivamente le loro mogli. Qualcosa di simile, ma molto più complicato: a parte evacuazioni e viaggi aerei che sono a carico di alcune organizzazioni internazionali – tra cui Sant’Egidio, Chiesa Valdese, Arci e Inmp, coordinate dall’Unhcr – tutto il resto – casa, risorse economiche per il sostentamento dei primi mesi, tutoraggio, sostegno nella ricerca del lavoro, insegnamento della lingua, ecc. – è nelle mani e nella capacità di autorganizzazione delle comunità che decidono di accogliere. Nel 2024 sono state realizzate tre evacuazioni per circa 330 prigionieri. L’accordo prevede fino a 1500 arrivi entro dicembre 2026.
L’obiettivo dell’incontro con don Erio Castellucci, sempre molto reattivo di fronte a sollecitazioni di questo tipo, è quello di iniziare a verificare se a Nonantola ci sono, come ci sono state in passato, le condizioni per costruire una rete di uomini e donne di buona volontà, di associazioni, soggetti pubblici e attivisti disposti ad accogliere due o tre persone detenute nei campi libici e tunisini.
Noi, che cercheremo di fare la nostra parte, aggiungiamo una speranza. Che questa rete, se mai si formerà, eserciti la sua persuasione, la sua passione, la sua radicalità per affrontare problemi che non riguarderanno soltanto gli eventuali nuovi arrivati, ma che riguardano già oggi molti nonantolani, autoctoni o immigrati che siano: il diritto a una casa e a un lavoro dignitosi, un accesso efficace ai servizi nonché un profondo e diffuso bisogno di radicamento.
Touki Bouki ha raccolto la storia di David Yambio QUI e una sua intervista sull’attività di Refugees in Lybia QUI.
