Il vino della solitudine di Irène Nemirovsky è un romanzo autobiografico. Dietro Hélène, la protagonista, si nasconde, o si manifesta, la stessa Irène. Conosciamo Hélène a 8 anni, figlia unica di una coppia di genitori che le assicurano fin dall’infanzia le cure materiali, ma nessun affetto vero, condannandola fin da piccola alla solitudine. Una solitudine che berrà giorno per giorno, come un vino amaro, ma che non le impedirà, a ventun anni, di scoprire dentro di sé il coraggio e l’orgoglio che rendono possibile la libertà, nonostante i lutti e gli abbandoni.
Tutti i romanzi dell’autrice presenti alla Scuola Frisoun hanno un protagonista che sembra rappresentare un doppio dell’autrice: sguardi in grado di penetrare oltre la superficie, ambigui, di sangue ebraico, stranieri all’interno della comunità in cui vivono, in perenne fuga, amanti della cultura e della lingua francesi, etichettati come diversi…
Irène Nemirovsky, pseudonimo di Irina Leonida Nemirovskaja, nacque a Kiev nel 1903 e morì ad Auschwitz nel 1942, visse in un’agiata famiglia ucraina ed ebraica, crebbe in un contesto familiare anaffettivo, allevata dalla governante francese, si salvò dai pogrom che scoppiavano violenti nella Russia del tempo, dovette fuggire con i genitori nei tumultuosi anni della Rivoluzione d’ottobre, emigrò più volte in diversi paesi europei. In Francia, terra d’elezione, si sposò, ebbe due figlie, conobbe il successo editoriale che non le evitò l’arresto e la deportazione ad Auschwitz. In Il vino della solitudine troviamo, trasfigurati, episodi della vita dell’autrice, dall’infanzia alla prima giovinezza. Il destino, tema presente in tutte le opere qui citate, sembra averla braccata tutta la vita. Impossibile sfuggirgli.
Come altre vite dello stesso genere, come tutte le vite, questa è una tragedia. Grandi speranze, nobili sforzi, sotto le difficoltà e gli ostacoli ognora crescenti, per lei sempre nobiltà e grandi fatiche e, come risultato, la morte… Carlyle. Vorrei che questo fosse il mio epitaffio quando morirò, ma è un pensiero colmo di vanità. E le iscrizioni tombali, del resto, costano care. (Citazione tratta da Olivier Philipponnat, Patrick Lienhardt, La vita di Irène Némirovsky, Adelphi 2009).
Sulla vita e sulle appartenenze multiple di Irène Nemirovsky torneremo sicuramente ancora. Intanto vi consigliamo di leggere i libri dell’autrice citati nella recensione e presenti negli scaffali della Biblioteca Frisoun.
Recensione a cura di Chiara Scorzoni.
Irène Nemirovsky, Il vino della solitudine, Adelphi 2011. Il libro è presente nella biblioteca della Scuola Frisoun dove è possibile consultarlo o prenderlo in prestito.