Pirobazia

2 minuti di lettura
Inizia

Durante una redazione allargata di Touki Bouki abbiamo letto insieme la storia di Giona. A fine lettura abbiamo chiesto ai presenti di cercare nella loro memoria una storia straordinaria di animali o una storia di rinascita o di sensi di colpa o di disobbedienza. Tutti temi presenti nella vicenda di Giona. Quello che segue è uno dei racconti usciti in quell’occasione.

Quando avevo 13 o 14 anni, avevo appena cominciato il ginnasio, mia mamma da cattolica praticante è passata all’approfondimento di tematiche spirituali e new age e alla frequentazione di corsi e associazioni ispirate a questo tipo di sincretismo.

Dopo un po’, per non andare da sola, mi ha coinvolto in alcune di queste sue frequentazioni. Io non avevo nessuna curiosità per queste cose, però la vedevo in crisi e capivo che questo genere di attività le dava molta energia e così una volta l’ho seguita per andare a fare un corso di pirobazia ovvero un corso per imparare a camminare a piedi nudi sui carboni ardenti. Eravamo da qualche parte nelle valli torinesi perché a organizzare il corso era un istituto di Torino che poi è stato chiuso anche per delle ragioni legali.

Mi sono ritrovato a fare la mascotte di questo corso, o almeno è così che mi facevano sentire. C’erano tante persone che avevano l’età che ho io adesso, perciò io ero l’unico bambino del gruppo. Era un corso intensivo di due o tre giorni, che aveva sede in un albergo, e il cuore dell’incontro, ovviamente, era la camminata comunitaria sui carboni ardenti.

Non è tanto la camminata in sé che mi ha dato fastidio, quella non mi sono rifiutato di farla, anzi, pensavo di usarla per vantarmene con i miei amici. Ma tra le attività che servivano a “fare gruppo” c’erano molti momenti in cui si induceva l’emotività, l’abbandono di sé con delle tecniche psicologiche anche un po’ banali. E per me questo risultava tutto un po’ sgradevole.

Il giorno dopo la camminata sui carboni, ad esempio, quando il meglio era già passato, dopo esserci ritrovati nella sala convegni dell’albergo, si cominciava con l’ascoltare musica new age, che io trovavo disgustosa, mano sul cuore e occhi chiusi, per poi sciogliersi piano piano – questa l’indicazione che ci diedero – e quando fossimo stati pronti dovevamo aprire gli occhi e metterci a danzare in libertà. Allora ho fatto come mi è stato detto, ho chiuso gli occhi e ho tenuto la mano sul cuore. Sentivo questa musica orribile che non mi rilassava per niente. E poi ho iniziato a sentire i fruscii delle persone intorno a me che cominciavano a muoversi e si mettevano a danzare. Io pensavo a tutti quegli adulti che danzavano su quella musica orrenda e sono rimasto fermo, in piedi, con le mani sul cuore e gli occhi chiusi. Dopo un po’ ho sentito uno degli istruttori, penso una donna, che mi veniva vicino e con dolcezza mi diceva: “Alessandro, coraggio, apri gli occhi…”. Ma io sono rimasto a occhi chiusi per tutta la durata dell’esercizio. Alla fine ho ringraziato, come tutti, ma probabilmente qualcuno si sarà accorto che mi sono rifiutato di guardare cosa stesse succedendo in quella sala.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Da non perdere

Sempre dritto

Una storia di lavoro e di amicizia

Amica e collega

Hakeem Omotoyosi nel ricordo di Patrizia Salmi.

Per Hakeem

Con queste parole i maestri della Scuola Frisoun hanno ricordato

Cambiare è sempre conveniente?

Il gabinetto del dottor Monari: Nonantola e il mondo visti

Pane e cioccolata: piccolo elogio del disadattamento

I film che vogliono insegnarci qualcosa sono belli? Raramente. I