La morte di mia mamma l’ha sognata un cane

19 Febbraio 2024
La casa a 12 chilometri da Stri, vicino Leopoli, dove è ambientata la storia di Slava

La mamma ha iniziato a stare male che aveva circa 70 anni ed è morta a 76. Qualche anno prima aveva fatto un intervento al fegato e quando era incinta di me da circa sette mesi, è stata operata di appendicite. Ti puoi immaginare che fatica sia stata arrivare in fondo a quella gravidanza: i punti si aprivano in continuazione.

La mamma era una donna forte, ma di salute fragile. E il tracollo l’ha avuto quando c’è stata l’alluvione. Come qui a Nonantola nel dicembre del 2020. Aveva lavorato tutta la vita e in un giorno l’alluvione le ha portato via tutto. Penso sia stato lo stress a portarle in cambio il diabete. E delle complicazioni del diabete alla fine c’è morta.

Mia mamma, che si chiamava Rosa, è nata ed è morta in campagna, anche se nel mezzo ha lavorato come operaia edile in città. Faceva piccoli lavori di muratura e di verniciatura.

Mio padre, che è nato nel 1912, aveva studiato in seminario. Ma non ha fatto in tempo a diventare prete perché è scoppiata la guerra, i tedeschi l’hanno deportato in Germania, poi è riuscito a scappare, si è ricostruito una vita… ma questa è un’altra storia. Quello che volevo dire è che la vita ha scombinato i suoi programmi più di una volta. Quando ero piccola lui diceva sempre che in questo mondo siamo ospiti e che quindi è come ospiti che bisogna muoversi nel mondo.

La mamma ha sposato mio padre in seconde nozze. Lui era rimasto vedovo qualche anno prima e io sono nata che lui aveva già 52 anni. Ho due fratelli e una sorellastra, Maria, figlia di mio padre e della sua prima moglie. Maria è stata come una seconda mamma per me. Tra le altre cose è stata lei che mi ha aiutata a venire in Italia. Maria viveva qui già da 14 anni e mi ha aperto la strada.

Mio padre, aveva 22 anni più di mia madre e quando si sono sposati sono andati a vivere nella casa di campagna del papà, a 12 chilometri da Stri, un paesino vicino a Leopoli.

Quando la salute di mia mamma è peggiorata e lei non si alzava più dal letto, metà settimana mi prendevo cura io di lei e metà settimana mia sorella minore. Prima che si ammalasse facevo l’operaia stagionale all’estero. In primavera e in estate andavo a lavorare in Polonia o in Repubblica Ceca e d’inverno rimanevo a casa a fare la casalinga. Avevamo un po’ di terra e un po’ di animali intorno a casa – patate, cetrioli, pomodori, prugne, mele, noci, galline, oche, anatre, ecc. – e c’era sempre qualcosa da fare. Gli ultimi due anni di malattia della mamma ho smesso di viaggiare e sono rimasta in Ucraina.

Charlie era piccolino, nero e molto intelligente. Era un cane da guardia al contrario: lasciava entrare le persone in cortile, ma non le lasciava più uscire. Quando volevano andare via, lui si metteva ad abbaiare e a morderle ai talloni. Alcuni nostri amici l’avevano regalato a mia madre per farle compagnia. Era piccolino, la casa della mamma era isolata e dopo che era morto il papà, ha vissuto per vent’anni da sola. Darle un cagnolino ci sembrava un modo per far sentire meno sola lei e per far stare un po’ più tranquilli noi.

Quando ha compiuto 76 anni a un certo punto abbiamo capito che la mamma stava morendo. Non parlava più, non beveva, non mangiava, se non cose liquide e con il cucchiaino. Fuori cominciava a fare buio e mia sorella ha preso la bicicletta per tornare a casa dalla sua famiglia. Mi raccomando, torna presto, le ho risposto io, capendo che ormai non c’era più molto tempo. È passata un’ora e fuori si è fatto buio. Ho acceso il camino e Charlie era sempre vicino me. A un certo momento ho sentito bussare alla porta. Un modo strano di bussare, molto forte, sembrava il terremoto. Charlie ha iniziato ad abbaiare, l’ho preso in braccio, sono andata ad aprire la porta, ma fuori non c’era nessuno. Dopo un po’, la stessa cosa: qualcuno bussa fortissimo, Charlie si mette ad abbaiare, io apro la porta, faccio un giro nel cortile, e niente, non c’è nessuno. Così per tre volte, dalle sei alle nove di sera. Poi la mamma è morta.

Quando ho capito che la mamma era morta ho chiamato mia sorella, mio marito e mio cognato che sono venuti subito. Ho raccontato anche a loro quello che era successo e mio marito mi ha detto: perché hai aperto? Non ti sei accorta che era la morte che veniva a prendere la mamma?

Qualche settimana prima di morire mia madre ha preparato i vestiti con cui voleva essere sepolta e li ha messi tutti in ordine, dentro a una sporta: le scarpe, la gonna, la camicia bianca… Da noi, quando muore qualcuno vengono i vicini e vegliano il morto per due giorni e due notti. Non si può lasciare un morto da solo. La mamma aveva deciso come vestirsi pensando ai vicini che l’avrebbero vegliata. La cosa strana è che quando è stato il momento di vestirla, non abbiamo trovato le scarpe e la camicetta. Abbiamo guardato dappertutto, ma le scarpe e la camicetta non sono mai saltate fuori.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Da non perdere

Sempre dritto

Una storia di lavoro e di amicizia

Amica e collega

Hakeem Omotoyosi nel ricordo di Patrizia Salmi.

Per Hakeem

Con queste parole i maestri della Scuola Frisoun hanno ricordato

Polvere di stelle 7

Del nascere e del morire

Uno dei privilegi che hanno ancora i medici di famiglia