Nel 1913, all’età di 22 anni, Mario Rafael Amatti, come tanti emigranti italiani, parte dal porto di Genova per raggiungere l’America, una terra che nell’immaginario di molti europei offriva rifugio e l’opportunità di ricominciare la vita da capo. Si lascia alle spalle l’Italia, che da lì a poco sarebbe stata devastata dalla guerra, dall’impotenza, dalla fame e dalla morte.
Questa nave carica di emigranti europei attraversa molti porti prima di raggiungere l’Argentina: Gibilterra, le coste del Nord Africa, gli Stati Uniti, l’America Centrale, il Brasile, fino ad arrivare nel paese più a sud dell’America: l’Argentina. Con il battello a vapore, i viaggi durano circa trenta giorni.
Tra il 1881 e il 1914, in Argentina arrivano 2 milioni di italiani, 1 milione e 400mila spagnoli, 170mila francesi e 160mila russi. Riuscite a immaginare quante navi hanno attraversato l’oceano in 35 anni?
D’altra parte, qualche anno prima, un viaggio simile era stato fatto da una bambina insieme ai genitori e alla sorella. La partenza era la stessa, cambiava solo la destinazione: non l’Argentina, ma il Brasile. All’epoca Carmen D’Ambra è una giovane donna di 14 anni.
Carmen sceglie, qualche anno più tardi, di cambiare paese: è così che, casualmente, per raggiungere il Brasile, si imbarca sulla stessa nave di Mario. Su quella barca, accalcati tra centinaia di immigrati che parlano lingue e dialetti diversi, nell’aria umida dell’oceano e tra le sue onde lunghe, due cuori italiani si incontrano e si riconoscono in un amore che dura molto più a lungo dell’arrivo al porto di Buenos Aires.
Un anno dopo l’arrivo in Argentina, il 9 maggio 1914, Carmen e Mario si sposano, si stabiliscono nella città di Paraná e mettono al mondo nove figli, tra cui mio nonno, Antonio Amatti.
Qui sopra Carmen e Mario sono ritratti nel loro sessantesimo anniversario di matrimonio: anche se la foto è vecchia, si vede bene una luce speciale nei loro occhi. Una luce alimentata da tutti gli anni passati a gestire una famiglia numerosissima, coltivando le usanze italiane dell’amore per il lavoro e la famiglia, a partire dalla tavolata domenicale a base di pasta, storie e ricordi che attraversano tre generazioni. Dall’altra parte dell’obiettivo sembra di sentire le voci di cugini, figli e nipoti che ridono mescolando dialetti italiani e della nuova Argentina.