Alla pari

17 Ottobre 2022
Penisola di Dingle

Finite le superiori solitamente le possibilità sono due: lavoro o università. Io non mi sentivo preparata per nessuna delle due. Troppi dubbi, troppe opzioni e io ero decisamente troppo confusa per scegliere una delle due.

Era da anni che sognavo di fare un’esperienza all’estero e di imparare bene l’inglese, quindi dopo aver provato diversi esami di ingresso universitari e fallendoli tutti, ho deciso di cercare una famiglia in giro per l’Europa che potesse ospitarmi e per cui lavorare come au pair.

L’au pair, detta anche “ragazza alla pari”, lavora sostanzialmente come babysitter per il bambino o i bambini della famiglia ospitante, in cambio ha vitto e alloggio e una cosiddetta paghetta settimanale.

Ho trovato famiglia tramite un’agenzia (“Cara international”), famiglia Irlandese che vive vicino a Cork nel sud dell’Irlanda.

Avevo un periodo di soli quattro mesi da sfruttare perchè il processo per trovare famiglia è stato piuttosto lungo.

Sono partita a inizio marzo, senza aspettative ma con le emozioni a mille. Non sapevo cosa aspettarmi, se avrei trovato amici, se mi sarei trovata bene nella città e in famiglia. Avevo particolarmente paura per la lingua. Il mio inglese non era pessimo ma non lo ritenevo comunque sufficiente per potermi esprimere al meglio o fare discorsi di una certa complessità. Alla luce della mia esperienza ci tengo a precisare che se qualcuno volesse intraprendere un percorso simile al mio, la lingua è l’ultimo dei problemi. Con un po’ di pazienza e di coraggio (l’importante è buttarsi, come alla Scuola Frisoun) in poche settimane le parole verranno da sé, l’ importante è saper ascoltare e provare, senza paura del giudizio.

Sono stati per me quattro mesi di immensa crescita, anche quando non è stato tutto rose e fiori. Il rapporto con la famiglia è strano perché sono al tempo stesso famiglia e datori di lavoro. Anche entrare in confidenza con il bambino non è stato subito facile ma penso di aver creato con lui un bellissimo rapporto.

Il primo periodo è quello più solitario. Avendo tanto tempo a disposizione per pensare e tante ore da dedicare unicamente alla mia crescita personale ho imparato ad ascoltarmi e a notare cose di me che durante il periodo in cui ero a casa, sempre ingolfato di impegni, non riuscivo a vedere, sia quelle belle che quelle brutte.

Dopo di che, viaggiando per l’Irlanda durante i weekend ho conosciuto persone meravigliose, molte delle quali sono diventate estremamente importanti per me. Ho creato legami stretti e amicizie che so che dureranno nel tempo.

Ogni tanto mi mancava casa, questo mi ha permesso anche di apprezzare ciò che prima davo per scontato. Vedere da lontano ciò che si ha, la propria “quotidianità”, i dettagli importanti che solitamente non si notano, un abbraccio la mattina appena svegli o un bacio prima di andare a dormire, la condivisione delle cene, le chiacchiere a tavola, i nonni, le amicizie e le persone che amiamo o che ci amano… sono cose che mi sono mancate e che mi hanno aiutato a sviluppare una forte indipendenza e a consolidare un po’ il mio carattere.

Nonostante questo ero talmente felice e grata di quello che stavo vivendo che sono riuscita a superare bene i momenti di malinconia o di vera e propria paura. Incontrare persone provenienti da tutta Europa e da tutto il mondo, imparare cose nuove, scoprire e crescere insieme ad altri che si trovavano nelle mie stesse condizioni, costruire memorie comuni, condividere momenti di gioia e di tristezza: quest’esperienza non ha prezzo. Mi mancherà ogni singolo aspetto, e a questo punto sono sicura che non sarà l’ultima.

Anna Bertacchini

Ho 20 anni, mi considero una persona creativa, amo ballare, dipingere e passare tempo in compagnia o nella natura. Sono una studentessa universitaria, volontaria alla Scuola Frisoun di Nonantola, ho preso da poco un anno sabbatico che ho passato in Irlanda.

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