Per il resto, sono tutti in prigione

7 Marzo 2025
Fotografia di Fakhri El Ghezal

Quando parlo con qualcuno della mia famiglia o con i miei colleghi in Tunisia, soffro molto per la crisi che sta vivendo il mio paese. Spero che la situazione non peggiori ancora perché non so come si possa andare avanti. Con la rivolta del 2011 improvvisamente abbiamo conosciuto la libertà: libertà di parlare, di partecipare, di dissentire… ma negli ultimi dieci anni le cose sono molto cambiate. Un parlamento esiste ancora, ma è il presidente che decide tutto. Oggi nomina un ministro della salute e se dopo due mesi non gli va bene lo sostituisce con qualcun altro.

Per il resto, sono tutti in prigione. Non c’è più nessuno fuori dalle prigioni che dica “no!”. Il presidente fa il governo e l’opposizione allo stesso tempo. Abbiamo tutti paura, paura di parlare con gli amici, con i vicini, paura di dire come la pensiamo… Se il presidente leggesse queste mie parole, probabilmente anche io finirei in prigione!

L’ultima novità è che l’Unione Europea è riuscita a prendere la Tunisia come guardia del confine europeo. Il presidente prende soldi per fare questo lavoro, ma la popolazione perde tutto, il lavoro, i progetti, la speranza…

Negli ultimi due anni tanti ragazzi del sud passano dalla Tunisia per andare in Europa, ma in questo momento nessuno attraversa facilmente quella frontiera. E secondo me fa comodo al nostro presidente che vengano tante persone dal sud: in questo modo può continuare a prendere soldi dall’Europa e al tempo stesso ha sempre qualcuno a cui attribuire le colpe per i problemi del paese.

Anche la droga sta diventando una questione molto seria e sembra che lo stato abbia rinunciato a combatterla. Il mio vecchio liceo confina con una caserma della polizia, solo un muro divide gli studenti dai poliziotti. Eppure i poliziotti vedono gli studenti spacciare e non dicono niente.

In questi anni in Tunisia ci sono crimini, fatti pericolosi e cose brutte a causa della droga. Anche a Nonantola mi capita di incontrate dei ragazzi che secondo me sono finiti nel giro della droga. Capisco che sono tunisini da come parlano e dai tratti somatici. E mi dispiace vederli in quella condizione.


La fotografia che accompagna questo articolo è di Fakhri El Ghezal. L’articolo è parte di un numero speciale di Touki Bouki pubblicato nel dicembre del 2024. 32 pagine di storie di vita, analisi, fotografie, illustrazioni e cartine geografiche. Chi volesse riceverne una copia cartacea (fino a esaurimento copie) può farne richiesta, con un piccola donazione, scrivendo a redazione.toukibouki@gmail.com.

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