In attesa della partenza

29 Aprile 2025

Mi ha sempre attratto l’Italia. Quando ero piccola guardavo la televisione e pensavo che gli italiani fossero molto eleganti. Se un giorno cambierò paese, mi dicevo, andrò in Italia!

Il profeta della mia comunità un giorno, mentre mi stavo alzando, mi ha chiamata e mi ha detto: “Dio dice che viaggerai: c’è un viaggio inscritto nel tuo destino, ne sei consapevole?” “Sì”, gli ho risposto. Ha proseguito dicendomi: “Non so come sarà il viaggio, ma so che non è qui che rimarrai. Il tuo destino è l’Italia.”. Era il 2013 quando ho annotato questa profezia sul mio diario.

Grazie al mio ex compagno che lavora come tiratore scelto per il presidente ho ottenuto il visto per la Tunisia. Perché la Tunisia? Perché già da tre anni ci lavorava mia sorella maggiore. Allora non sapevo che le persone partissero per mare per arrivare in Italia, l’ho saputo da mia sorella, appena arrivata. Non potevo crederci. Come per mare? Ho paura perfino quando durante il temporale l’acqua scorre sopra le mie scarpe. Mi sono rivolta a Dio: “Com’è possibile che tu voglia che io viaggi?”. Ho riflettuto: mi sarei presa due anni per decidere se partire. Ed è quello che ho detto a mia sorella quando mi ha proposto di fare il viaggio dopo aver saputo che avevo problemi di salute: “Là potrai ricevere cure adeguate”, mi aveva detto. Pregavo e aspettavo che Dio mi desse un segno per capire quando sarei dovuta partire. Una notte ho sognato di attraversare il mare con persone che non conoscevo e Lui mi diceva: “attraverserai il mare in compagnia di sconosciuti”. Al risveglio ho detto a mia sorella che era il momento di partire: “Dio mi ha dato un segno”.

Quando eravamo in mare, sono comparsi quattro delfini, due davanti alla barca e due dietro. I delfini ci hanno scortati fin quando ci siamo avvicinati a un peschereccio e sono scomparsi. Un pescatore ci ha visti, ci ha dato dell’acqua, dei biscotti e ha chiamato i soccorsi: è venuta in nostro aiuto una nave della Marina italiana. Il pescatore è scomparso. I marinai italiani ci hanno chiesto se conoscessimo l’uomo che aveva lanciato la richiesta di aiuto. Abbiamo risposto di no e che non sapevamo dove fosse andato.

Sono rimasta due anni in Tunisia accudendo una bambina di due mesi che, quando ha imparato a parlare, chiamava me mamma e Tata sua madre. Sono rimasta in quella casa a lavorare finché la bambina ha compiuto un anno e mezzo. Tuttora, quando parlo al telefono con la sua mamma, la sento piangere e chiamare mamma, mamma. Allora vivevo nella capitale e abitavo con la famiglia della bambina: lei, il padre, la madre e io. E ogni due finesettimana andavo a casa di mia sorella, sempre a Tunisi: lei conviveva con un compagno ivoriano.

La famiglia in cui lavoravo era moderna e in gamba: la moglie è cresciuta in Francia, il marito in Canada. Quando ho detto che sarei partita per l’Italia piangevano tutti, anche Léo, il cane. Mi è dispiaciuto andarmene, ma la vita, si sa, è così: è necessario fare delle scelte. Ogni tanto ci sentiamo ancora in videochiamata e posso parlare in francese con la mia principessa.

La mia famiglia, quando mi ammalavo, mi mandava all’ospedale e pagava i medicinali per me perché mi prendevo cura della loro bambina Amo i bambini io. All’inizio avevano installato una telecamera nella stanza in cui lavoravo e mi tenevano sotto controllo, ma poi l’hanno tolta, sapevano che non c’era bisogno, si fidavano di me. Se partivano per un viaggio mi lasciavano la piccola e il cane.

In Tunisia ho visto che le donne africane lavorano in ambito domestico mentre gli uomini fanno i giardinieri, lavorano in agricoltura o fanno i guardiani. Ora la situazione in Tunisia è molto peggiorata rispetto a quando vivevo là. Mia sorella mi racconta brutte storie …

Qual è l’ultimo ricordo che ho della Tunisia? Ero ferma, in attesa della partenza. È arrivata la polizia per arrestarci o mandarci via C’era un fuggi fuggi generale, la situazione era caotica. Io sono rimasta ferma, ad aspettare. I poliziotti mi hanno vista e mi hanno chiesto: “Tutto bene?”. “Sì, sì, tutto bene. Ho male a un piede”, ho risposto. Non mi sono occupata di loro e loro non si sono occupati di me e se ne sono andati all’inseguimento degli altri. Io sono rimasta seduta perché avevo male ai piedi e un poliziotto è venuto da me e mi ha regalato 5 dinari, dicendo “Devi prendere un’auto, devi andartene a casa”. E basta. Parlava bene in francese quel poliziotto. Quel giorno sono tornata a Sfax.

L’ultimo ricordo della Costa d’Avorio è mio figlio che mi accompagna in aeroporto: io piangevo, avevo il cuore a pezzi, ma non avevo altra scelta. Alex è un ragazzo forte, non mi stupisce che sia diventato carabiniere. Pensavo piangesse, invece no: era tutto rosso, ma non ha pianto. È un ragazzo, un commissario: i commissari devono essere duri! Con me è dolce, è un agnellino. Mio figlio dice che vuole rimanere in Costa d’Avorio perché ha un posto importante nell’esercito. Potrà venire qui in vacanza e poi ripartire, non ha intenzione di restare qui. Mai e poi mai permetterei a mio figlio di venire in Italia facendo il viaggio in barca.

In Italia non ho ancora visto del razzismo: se cammini dritto, gli italiani si comporteranno bene con te, se vai via storto, reagiranno di conseguenza. Se sei venuto via dal tuo paese per essere tranquillo, va bene, ma se sei venuto via dal tuo paese per fare casino, allora…

Sono felice che in Italia ci sia la pace che non c’è in Costa d’Avorio. Da noi manca la pace perché i dirigenti africani si riempiono sempre le tasche: mentre la popolazione fa la fame loro sono sazi. È tipicamente ivoriano: se anche sono sazio, piuttosto di dare qualcosa da mangiare a un altro, mi ingozzo. L’Africa è malata. Io amo il mio paese, ma sono stata obbligata a lasciarlo perché niente funziona là. E poi viaggiare era il mio destino.

La fotografia che accompagna questo articolo è di Fakhri El Ghezal. L’articolo fa parte di un numero speciale di Touki Bouki pubblicato nel dicembre del 2024. 32 pagine di storie di vita, analisi, fotografie, illustrazioni e cartine geografiche interamente dedicate alla Tunisia. Chi volesse riceverne una copia cartacea (fino a esaurimento copie) può farne richiesta, con un piccola donazione, scrivendo a redazione.toukibouki@gmail.com.

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