Kibandi e il porcospino sono indissolubilmente legati da quando, molti anni prima, il ragazzo si è inoltrato nella foresta con il padre per bere la mayamvumbi, una disgustosa bevanda iniziatica.
Madre ucraina, padre bielorusso, lingua russa. E un modo originalissimo di costruire i propri libri: incontrando e intervistando centinaia di persone comuni artigliate dai grandi avvenimenti che hanno interessato i territori dell’ex Unione sovietica: la Seconda guerra mondiale, la guerra in Afghanistan, Černobyl’, il crollo del comunismo.
Quando saranno più grandi, la musica sarà una "madeleine" della loro giovinezza e riuscirà a riconnetterli allo stupore e ai tumulti stomaco-cervello-cuore che l’età adulta tende a inabissare dietro la conquista della cosiddetta maturità.
"Musical Infection" nasce così. Ognuno di noi ha scelto, tra la musica che ama o ha amato, una canzone che in qualche modo la o lo rappresenta e all’interno di quella canzone, la strofa più significativa. Abbiamo quindi cercato e rielaborato, tra molti disegni di albi e libri illustrati, un’immagine che spiegasse, desse forza o proseguisse in altro modo il messaggio contenuto in quella strofa. Cercando un dialogo profondo tra musica, parole e immagini.
"Stiamo attenti e leviamoli", sottinteso "i batacchi", è la frase con cui uno dei campanari dà il segnale agli altri per iniziare a suonare. Adriano, 18 anni, e la passione per le campane.
"Le voci non vengono più dal mondo, ma sono voci del mondo che stanno già qui. La categoria che si sta esaurendo, credo, è quella dell’esotico che spesso sta sotto il discorso della world music. A meno che non accettiamo che il mondo ce l’abbiamo a casa."